Blackout (di Giada Corneli)

“Continua a guidare”
Un rimbombo nella testa.
“Continua a guidare, continua a guidare, continua a guidare…”
Ok, ok, ho capito: continuo a guidare. Premo l’acceleratore più forte.
Perché sto correndo?
So solo che non devo fermarmi.
Ma cosa è successo?
Non lo so, non me lo ricordo.
“Continua a guidare”
Sì, sì, continuo!
Sto scappando?
Non ricordo, non ricordo niente. Non riesco a guardare altro che la strada. Vorrei voltarmi, vorrei guardare da qualche altra parte, ma i miei occhi restano lì, a guardare la strada che corre veloce sotto di me.
“Continua a guidare”
Sento la faccia che brucia e i vestiti bagnati.
Cerco di ricordare, ma è un  buio totale. So solo che non devo, non voglio, NON POSSO fermarmi.
Oltre la strada, le prime luci dell’alba.
Dov’ero ieri sera?
Mi ricordo solo di essere uscito presto, per raggiungere gli altri al locale. Poi? Solo vapori di memoria confusi: musica, fumo, alcool. Gli altri sono andati via, rimango da solo, un’ombra davanti a me. Un urlo, poi il nulla.
Un urlo…
È successo qualcosa, ho fatto qualcosa.
“Continua a guidare”
No! Devo capire, devo sapere…
Combatto contro me stesso (perché non riesco a controllarmi?) e finalmente stacco gli occhi dalla strada. Mi guardo: sangue. Sui miei vestiti. I miei vestiti sono zuppi di sangue!
Osservo il mio viso terrorizzato nello specchietto retrovisore. Ho un graffio sulla guancia, profondo, ma non tanto da sporcare così la camicia…questo sangue non è mio.
Cosa è successo? Cosa ho fatto?
“Continua a guidare”
No!
“Continua a guidare”
Devo fermarmi
“Continua a guidare”
No! Basta!
Freno e scendo dalla macchina così velocemente che rischio di cadere. La osservo (Oh, Dio. Fa che sia un brutto sogno!): la carrozzeria è ricoperta da schizzi di sangue, la macchia più grande vicino al bagagliaio.
Devo aprirlo(?)
“Continua a guidare”
No! Devo sapere cosa è successo.
Uno scatto, le mani mi tremano, apro il bagagliaio, trattengo il respiro e poi il mio cuore si blocca per un istante: nel bagagliaio, dove di solito lascio il borsone della palestra, c’è un cadavere. Un uomo, vicino a lui un coltello, e sangue, tanto sangue.
Oh, Dio. Mio Dio. Cosa è successo? Cosa ho fatto?
Ho ucciso un uomo.
NO… Non posso essere stato io, non posso! Ma i miei vestiti, quel corpo… dicono tutto il contrario.
Chi è quest’uomo? Cosa è successo ieri? Sono stato davvero io a fare questo?
Tante, troppe domande senza risposta.
Sirene in lontananza. Ora capisco, ecco da cosa scappavo.
“Continua a guidare, continua a guidare, continua a guidare…”
No. Basta, è finita. Qualsiasi cosa sia successa ci sono dentro fino al collo. Che sia stato io o no, scappare ancora è inutile.
Raccolgo le ultime forze e mi sdraio qui, sulla carreggiata, aspettando il loro arrivo.
Almeno qualcuno mi dirà cos’è successo…