“Che si mangia di buono oggi?” “Si parte con un aperitivo e poi puum! Trataatatata! Bam! Bum!” Mike Patton e i pranzi futuristi (di Alessandro Di Giuseppe)

“Veemente dio d’una razza d’acciaio,
Automobile ebbrrra di spazio!,
che scalpiti e frrremi d’angoscia
rodendo il morso con striduli denti…
Formidabile mostro giapponese,
dagli occhi di fucina,
nutrito di fiamma .
e d’olì minerali,
avido d’orizzonti e di prede siderali…
io scateno il tuo cuore che tonfa diabolicamente,
scateno i tuoi giganteschi pneumatici,
per la danza che tu sai danzare
via per le bianche strade di tutto il mondo!…”

Queste le parole con cui Filippo Tommaso Marinetti, “l’inventore” del movimento Futurista Italiano, parlava dell’automobile. Se la cosa vi può sembrare naif, stupida e anche un po’ elitaria, beh, forse dovreste sapere che il futurismo, quel movimento artistico, ebbro di una incondizionata (e forse immeritata) fiducia verso il progresso, deve proprio ad un’Isotta Fraschini, una automobile (pe’ capisse: la macchina di Norma Desmond in “Viale Del Tramonto”), la sua nascita. E non parlo per figure retoriche : Marinetti, che era un bricconcello ed amava correre in macchina, nel 1908, per evitare un paio di pedoni che attraversano una strada a Milano, fu costretto a sbandare, ebbe un incidente- da cui uscì miracolosamente vivo- e da lì l’illuminazione. In realtà, prima di fare gli incidenti ed avere folgorazioni mistico/artistiche, il Marinetti era già poeta, giornalista e scrittore. Ma fu proprio quell’incidente che lo fece sviare dalle sue primigenie (D’Annunzio e il suo parlar d’epoca così forbito ed elegante mi sta uccidendo, lo so) fascinazioni per la poesia Liberty e per lo stile elegante e a spingerlo a creare un nuovo genere artistico che, in soldoni, se ne fregasse della tradizione ed avesse come centro, come perno, come fulcro portante, l’uomo e il progresso della tecnica. In realtà, a Marinetti, che era un genio ma aveva avuto un brutto e grave incidente, servì un anno per mettere in ordine le idee e per pubblicarle. E non lo fece su un libro- era troppo banale e “vecchio” per le sue nuove idee- ma su un giornale, “La Gazzetta d’Emilia”, che lo rese pubblico nel Febbraio del 1909. E se pensate che Marinetti abbia scritto soltanto i caratteri generali di questa specie di “nuova” forma d’arte, vi sbagliate: ha descritto il Futurismo come una specie di partito politico- l’articolo si chiamava “Manifesto del Movimento Futurista Italiano”- con delle regole, dei punti chiave e delle linee guida generali. Praticamente, era un po’ come il Movimento 5 Stelle, con la sola e piccolissima differenza che i i futuristi, quello che dicevano, lo facevano e si opponevano all’uno vale uno.

 

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Vabbé, comunque, l’articolo ebbe successo, la notizia rimbalzò anche in Francia,dove lo stesso articolo venne preso, tradotto e ripubblicato sul quotidiano “Le Figaro” e ad un certo punto, tutti, in Europa, volevano essere futuristi. Che poi, a differenza del Movimento 5 Stelle, il futurismo era una filosofia di vita che non ammetteva vie di scampo o di fuga: si esaltava lo scontro fisico, la guerra, il progresso, la velocità, l’industria, le fabbriche, le automobili e tutto quello che l’uomo, l’intelletto e le sue macchine fossero in grado di creare. Visto in questo modo, il movimento può sembrare un gruppo di giovani esaltati che se ne frega di tutto, e in realtà forse lo erano- in un punto del manifesto, c’è scritto “il più vecchio di noi ha trent’anni e non ci saranno futuristi più vecchi”- ma,nonostante tutto il vigore, la cosa che gli mancava era la spocchia. Certo, volevano distruggere tutto, ma ben venga distruggere tutto… o no? Vabbé, comunque, i futuristi dovevano distruggere e innovare ogni aspetto della vita italiana per renderla più “elastica” e “reattiva” ai cambiamenti e li dovevano distruggere in modo programmatico, schematico e con cognizione di causa. Tutti gli scritti, infatti, erano definiti “Manifesti”. E se qualcuno era anche divertente, tipo il manifesto della moda futurista (chissà se Lady Gaga ha mai letto qualcosa di moda futurista) o quello della “Seduzione Femminile” (una specie di “guida” che insegnava agli uomini “futuristi” come sedurre e toccare una donna), altri, tipo quelli sulla guerra, erano veramente un inno, un richiamo generale alle armi. Non dobbiamo dimenticare che, pochi anni dopo la nascita del futurismo, Mussolini sale al potere e tutti i Futuristi, nessuno escluso, lo osannano. Ma questa è un’altra storia. Parlavamo dei manifesti. Beh, uno dei più interessanti è quello sulla cucina. Eh già, ragazzuoli, perché Marinetti, non contento di aver toccato tutto lo scibile umano, dalle macchine da guerra alle palestre, si era messo in testa di rivoluzionare anche il cibo. E a noi italiani, lo sappiamo, quando ci toccano il cibo diventiamo delle belve. La cosa bella, era che Marinetti si opponeva alla pasta asciutta e voleva roba chimica, liofilizzata, ricette nuove e diverse. Diciamo che, in qualche modo, Marinetti avrebbe amato alla follia i vari McDonald’s o Burger King. Non contento di averci scritto un manifesto, aprì anche un ristorante di cucina futurista. Non so se ci fosse andato lo chef Ramsay, ma non ebbe vita lunga. E a questo punto ti starai chiedendo come mai, invece di parlarti del disco del lunedì, ti abbia parlato di Marinetti e del Futurismo. Ma è semplice, dal Manifesto della Cucina Futurista, quel genio di Mike Patton ci ha tirato fuori un disco. Di che disco sto parlando? Me è semplice, di questo:

Pranzo Oltranzista

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TITOLO: Pranzo Oltranzista
ANNO: 1997
BAND: Mike Patton
ETICHETTA DISCOGRAFICA: Tzadik Records
TRACKLIST:

1) Elettricità Atmosferiche Candite
2) Carne Cruda Squarciata Dal Suono Di Sassofono
3) Vivanda In Scodella
4) Guerrainletto
5) Contorno Tattile (per Russolo)
6) I Rumori Nutrienti
7) Garofani Allo Spiedo
8) Aerovivanda
9) Scoppioingola
10) Latte Alla Luce Verde
11) Bombe A Mano

 

Ok, me l’avete sentito dire un sacco di volte, ma parlare di questo disco è una cosa veramente ma veramente difficile. Perché? Perché non stiamo parlando di qualcosa di tradizionale, di ascrivibile in una data corrente artistica o musicale. No, “Pranzo Oltranzista” è una perla unica, rara e irripetibile. Andando con ordine, il disco è stato prodotto e distribuito dalla Tzadick Records, la folle etichetta discografica creata dalla mente di John Zorn: sassofonista schizzato già membro dei Naked City  che vanta una lunga lista di collaborazioni con gli artisti più “particolari”, brutali, viscerali e innovativi di sempre. Nonostante abbia una tracklist, è impossibile procedere con il metodo solito: analizzando titolo per titolo. E forse non è neanche l’obiettivo di Patton, che per questo lavoro si avvale della collaborazione di Joh Zorn, Erik Friedlander e William Winant, quello di rendersi fruibile. In realtà, ascoltando questo disco si ha l’impressione di essere in una specie di asfittico e chiuso universo fatto di disarmonie squarciate, più o meno regolarmente, da frammenti di musica. Un panorama opprimente, quindi, e ostico a cui avvicinarsi, per chi non è avvezzo alla musica sperimentale, risulta difficile e complesso. Se parlando di “Blemish” di Dadiv Sylvian (trovi la recensione in questa sezione del blog) abbiamo accennato al fatto che l’accompagnamento minimale sovvertisse la musica, qui il concetto è simile ma differente: sembra che lo sfondo, quella specie di crudele e gelido tappeto sonoro che si sviluppa, in modo aritimicamente regolare, per tutte le tracce sia la vera anima della musica, la vera essenza e che il contorno, la struttura dei brani, i giri di sax di Zorn e le sporadiche apparizioni ritmiche della chitarra, siano il superfluo. Paradossalmente, è un disco che muove dagli slanci futuristi e ne ribalta il senso: la tecnica è posta al lato, la razionalità in un angolo e l’oscuro, incessante, incedere di una fantasia lugubre sia messo in risalto. Disco complesso e sperimentale, d’avanguardia e già datato. Insomma, in definitiva, una pietra miliare, un piccolo gioiello che tutti, almeno una volta, dovrebbero ascoltare

 

Voto: 8