….Fidati di me: per non bucare la notizia “Sbatti il mostro in prima pagina”. Marco Bellocchio: gli anni ’70, i giochi di potere e la controinformazione (di Alessandro Di Giuseppe)

Quante volte vi  è capitato di mettervi a  girovagare su Youtube e, durante una di quelle  vostre  peregrinazioni-quei pomeriggi in cui parti con il riguardarti una recensione di Yotobi e finisci, quattro ore dopo, a guardare lunghi video su come si costruisce una campana-,vi siete imbattuti in un video su strane teorie del complotto?Quante volte aveva letto, anche su blog e su siti Internet importanti, parole come “ILLUMINATI”, “RETTILIANI”, “MASSONERIA”, “SERVIZI SEGRETI DEVIATI”, “SCIE CHIMICHE” e “UNDERGROUND REICH”?
Se avete letto o guardato o ascoltato qualcuno che parlava di questi temi-e non ci avete capito nulla. Tranquilli: non ci capisce mai niente nessuno-, allora due sono le cose: o avete tanto tempo libero, oppure siete degli appassionati alle teorie del complotto come me.
Se non sapete di cosa sto parlando, siete fortunati.
Per farvi entrare nella visione, vi dirò soltanto che ci sono delle menti geniali (geniali, naturalmente, è ironico) che, laureati in dietrologia all’università della strada, hanno deciso che qualcosa di quello che succede non gli torna ed hanno dato spiegazioni quantomeno fantasiose: dai vaccini che ti iniettano chip sotto pelle alle boy band che ti istigano al suicidio; dai rettiliani che clonano le persone e si sostituiscono a loro alla finta morte delle rock star.
Ecco, tutto questo vi farà sorridere, ma per noi nerdoni ed appassionati di The X-Files, questa roba è oro: c’è qualcosa che ci fa sentire come Fox Mulder.
Certo, da sentirsi come Fox Mulder a dire che ci credi, ce ne passa di acqua sotto i ponti, ma è bello pensare che, dietro il viso di Nicki Minaj-o nascosta dentro il suo culo, che è più probabile-ci sia una forma di vita aliena.
Se stai ridendo, se pensi che tutto questo sia molto ma molto simile al personaggio di Napalm51 di Crozza, probabilmente sei più normale di me.
Però c’è qualcosa che, forse, non hai considerato: se dietro ogni favola c’è qualcosa di vero, un elemento di realtà, qualcosa che è saldamente legato al mondo vero, anche le teorie complottiste più ardite partono da qualcosa di vero.
“Quindi stai dicendo che tu credi che ci siano i rettiliani?”
No, sto dicendo che l’origine di questa, come chiamarla?, tendenza a vedere del torbido in tutto affonda le sue radici, perlomeno in Italia, in brutti fatti di cronaca.
Di cosa sto parlando?
Se vi dicessi la data 12 Dicembre 1969?
Non vi dice niente?
E se vi facessi vedere questa?
piazza-fontana

Adesso, spero,  quello di cui sto parlando sarà molto ma molto più chiaro. Se non hai capito neanche questo, vuol dire che sei un giovane lettore-ti rispetto per questo-e non sai nulla di quello che succedeva in Italia negli anni ’70.
Ma visto che tutta la situazione degli anni ’70 ci interessa per capire il contesto in cui il film di cui parleremo è stato scritto è girato, ti spiego un attimo cosa c’è da sapere: il 12 dicembre del 1969, a Piazza Fontana-in pieno centro a Milano-, all’interno della banca dell’agricoltura scoppiò, uccidendo tredici persone e ferendone novanta, una bomba. Erano persone innocenti, quelle coinvolte nell’attentato, persone che stavano facendo la fila in banca.
Quell’attentato segnò la fine degli anni ’60 e l’inizio dei sanguinosi anni di piombo, gli anni ’70: un decennio segnato da lotte politiche, terrorismo, squadrismo, attentati, ideologia e tantissimi morti.
Gli anni ’70 sono pervasi da quello che sarà chiamato meccanismo della tensione: si credeva ci fossero degli esponenti dei Servizi Segreti che commissionassero e sovvenzionassero delle stragi per mantenere alto il livello di paura nella popolazione e dirigere il voto verso esponenti della destra parlamentare.
Sono un comunista?
Non credo.
Il motivo? La strage di Piazza Fontana, inizialmente imputata agli anarchici, si è scoperto essere stata perpetuata dai gruppi neofascisti ed i Servizi Segreti hanno “depistato le indagini”.
E come le hanno depistate?
Beh, molto semplice: a pagarne le spese è stato un tale che faceva il ferroviere e si chiamava Giuseppe Pinelli che, durante un interrogatorio, è volato giù dal quarto piano del commissariato  ed è morto.
Ma tornando a noi- se ti interessa il caso Pinelli, corri a guardare “Morte accidentale di un anarchico” e “Tre i potesi sulla morte dell’anarchico Pinelli”-, questo era il clima che si respirava in quegli anni: un clima di destra e di sinistra che lottavano.
Il clima di tensione arrivò anche al cinema dove la lotta era tra cineasti borghesi e collettivi liberi, tra registi di destra e registi di sinistra, tra critici allineati e non, tra informazione e controinformazione.
Informazione e controinformazione. Ecco il tema centrale del film.
Ma andiamo con ordine:

cover-bellocchio

TITOLO: Sbatti il mostro in prima pagina

ANNO: 1972

SCENEGGIATURA: Sergio Donati, Goffredo Fofi

REGIA: Marco Bellocchio

CAST: Gian Maria Volontè, Fabio Garriba, Carla Tatò, Jacques Herlin, John Steiner, Jean Rougeul, Corrado Solari, Laura Betti, Massimo Patrone, Gianni Scolaro

TRAMA:
Nel clima teso e allucinatorio di una Milano schierata politicamente, il film segue “le gesta” della redazione di un giornale ricco e borghese legato ai gruppi di destra: Il Giornale.
La redazione, dopo un comizio della destra italiana, viene attaccata da un gruppo di manifestanti che gli lanciano contro bombe molotov. Il caso diventa subito notizia. Dì lì a qualche giorno, Il Giornale inizia a scrivere e ad investigare sulla morte di una ragazza legata, per relazioni personali-in qualche modo è la sua ragazza-, ad uno degli esponenti di spicco della sinistra extraparlamentare.
La campagna “politica” de Il Giornale contro il gruppo e contro il ragazzo è atroce: lo chiamano assassino, danno notizia alla polizia e fanno di tutto-anche sedurre una delle amanti di lui- per farlo arrestare. Il caso, con l’arresto del giovane, sembra risolto.
Ma cosa succede quando uno dei giornalisti, facendo domande in giro, scopre che la ragazza non era come l’aveva descritta il giornale? E se l’assassino fosse un altro?

Film molto interessante e abilmente orchestrato, “Sbatti il mostro in prima pagina” ci fa entrare completamente dentro il meccanismo di due macchine: quello dello scontro ideologico-il comizio iniziale di un Ignazio La Russa giovanissimo- e quello della fabbrica del potere. La fabbrica del potere, delle notizie, dell’informazione di Stato filtrata dagli interessi del Padrone, è la sede de Il Giornale.
In questo luogo oscuro, con ritmi da catena di montaggio-ce lo suggeriscono le immagini reiterate dei rulli che impressionano le pagine dei giornali e dei piombi assemblati e “verniciati” di inchiostro per comporre le pagine- e dagli atteggiamenti da covo dei Servizi Segreti, facciamo la conoscenza del direttore editoriale: un Gian Maria Volontè apparentemente senza scrupoli, che vuole fare di tutto ciò che accade una notizia.
Ci sembrerebbe, fin dalle primissime scene in cui appare-è appostato alla finestra, urla contro i manifestanti che stanno per lanciare le bombe molotov e poi, quando un espositore con delle vecchie copie del giornale prende fuoco, si sbriga a chiamare una fotografa e a creare un articolo-una specie di borghese giornalista d’assalto: uno di quelli che si occupano di temi scomodi e fanno “le barricate” da dietro la scrivania, con i documenti legali. In realtà, è qui c’è il primo scontro “ideologico”, la sua missione non è per la notizia ma per la linea editoriale de Il Giornale: il primo “scontro” tra il suo personaggio e quello di Roveda-il giornalista che poi andrà fino in fondo nella questione dell’omicidio della ragazza- si svolge sul piano dialettico ed ideologico: da un pezzo del suo articolo sostituisce delle parole, tacciate di essere troppo”dense di significato politico e polemico”, con alcune più pulite, più confortanti, più “borghesi”.
Andando avanti con la narrazione, usando tecniche da spionaggio-si “traveste” da confidente e registra tutte le conversazioni avute con il personaggio interpretato da Laura Betti (la strana amante/vittima del presunto assassino e “casa base” sfruttata da tutto il gruppo a cui appartiene-, cerca di inchiodare e di accusare il presunto assassino sulla base di false e presunte prove. In realtà, tutte le prove costruite, non sono altro che una specie di “dossier” elettorale contro il partito rivale del proprietario de Il Giornale.
Ottima, di questo personaggio, l’evoluzione interna-le sequenze del pre-finale e del finale del film ce lo mostrano in una veste nuova- e la nemesi: Roveda: personaggio idealista che vuole arrivare alla verità delle notizie.
Lo scontro tra i due, tra le due personalità, tra le due idee, però, non è mai esplicitato fino in fondo-forse soltanto nelle ultime battute del loro scontro-ed è il perno solido su cui gli sceneggiatori ed il regista costruiscono l’impianto del film. Naturalmente è un metodo quasi banale-pensiamo a tutti i poliziotteschi e i noir che si fondano sulla stessa dicotomia poliziotto vecchio e disonesto/giovane detective con la missione della giustizia. Un film che mi viene in mente tra tutti è “L’infernale Quinlan” di Orson Welles)-ma che riesce a funzionare e a non essere mai deleterio per lo svolgimento della trama.

volonte

Oltre che a rappresentare il vecchio ed il potere, il personaggio di Gian Maria Volonté racchiude in sé il modo di fare e creare notizia nella stampa “riconosciuta”: si preoccupa di inserire, della vittima e del presunto assassino, tutti i dettagli che possono colpire alla pancia degli spettatori (che taglio di capelli aveva la vittima? Che scarpe? Andava bene a scuola? E l’assassino dove viveva? Fumava? Frequentava dei capelloni?). L’apice è il momento del film in cui pubblica un’edizione speciale del giornale perché l’autopsia ha rivelato che la ragazza-una quindicenne negli anni ’70-al momento della sua morte, era ancora vergine:

vittima

Magistrale è anche la scena in cui Volonté, durante quella lunga chiacchierata-confessione con il personaggio di Laura Betti, compra una rivista di controinformazione soltanto per leggerla e burlarsene.

 

 

 

 

 

Il personaggio di Volonté, quindi, rappresenta lo stato e l’informazione: un mondo oscuro e sporco di fango e avvolto nelle tenebre del non detto, del taciuto, del nascosto.
Immagine di ciò è una delle ultime scene che non può che farci tornare alla memoria quella deprecabile mania, tutta italiana, del “lo sappiamo soltanto io e te”.
Finale tutt’altro che lieto ed ottimamente concepito: una metafora visiva profetica di quello che sarebbe successo, di lì a vent’anni, quando sarebbe crollato il castello di carte della Prima Repubblica.

Un film crudo, di piombo e ottimamente narrato.

VOTO: 8

STORIELLA:

Goffredo Fofi, uno degli sceneggiatori del film, era critico sulle pagine di una giornale di cinema militante che si chiamava Ombre Rosse. La particolarità delle critiche su Ombre Rosse, era che demolivano tutto il cinema che non era schierato dalla parte delle lotte rivoluzionarie di estrema sinistra ed attaccava ferocemente alcune tecniche di regia-una fra tutte il primo piano o lo zoom- accusate di essere fasciste

STORIELLA 2:

Il Giornale di Montanelli-quotidiano tutt’ora in commercio- è nato dopo l’uscita di questo film