I dieci libri che mi porterei su un’isola deserta (di Alessandro Di Giuseppe)

Un paio di giorni fa, la vita mi ha posto davanti ad una scelta difficile, così difficile, che non so neanche io come abbia fatto a venirne a capo. Di che scelta sto parlando? Ma è semplice: dovevo decidere quale film guardare. Cosa, vi sembra una cosa facile? Beh, non lo è! Perché? Ma perché per noi cinefili, noi che ci facciamo liste su liste su controliste di film da guardare e riguardare, la scelta è molto difficile. Se mettiamo in conto anche il fatto che, spesso, vogliamo recuperare le filmografie dei registi che ci garbano, beh, cominciamo a capire che le cose sono molto ma mooolto più complesse. Comunque, colto da questa improvvisa crisi e dovendo fare questa scelta (che, nella fattispecie, riguardava il fatto se dover guardare un altro film di Bergman, uno di Haward Hawks o uno di Tarkovskij), ho preso la decisione che chiunque avrebbe preso: ho chiuso gli occhi, liberato la mente e scelto un film a caso, non in lista, non nelle possibilità. Cosa è venuto fuori? “Pierrot Le Fou” (“Il Bandito delle ore 11”) di Godard. Adesso, io AMO! la Nouvelle Vague, ma odio Godard. Però, quel film, ha qualcosa che mi prende e mi attira e, guardandolo, ho capito di cosa si tratta: il protagonista, un ottimo e spocchiosissimo Belmondo, ha la fissa per i libri. Troverete scontato il fatto che mi ci sia rivisto. E, dal momento che quel film, praticamente per tutta la sua durata, è la storia di un uomo che, costretto a scappare a causa di un omicidio che lui stesso ha commesso (ebbene sì, è questa la trama. Guardando il film non l’avresti mai detto, vero? Questo è perché Godard è uno stronzo. Me lo vedo lì, che scrive e pensa: “ho in mente la storia più banale e semplice del mondo. Come faccio a fare finta che sia speciale? mmmm… ecco, ci sono: potrei fare un montaggio alla cazzo di cane,inserirci delle voci fuori campo, e dire che tutto questo è arte. Ma sì, tanto questo giochino funziona da vent’anni!”) e manda la sua donna a rubare libri continuamente, mi sono messo a pensare a quali libri mi porterei io su un’isola deserta. Ci ho pensato tutta la notte e questo è il risultato

Numero 1: Il Pendolo di Foucault (Umberto Eco)

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Secondo romanzo di Umberto Eco, “Il Pendolo di Faoucault esce nel 1988 ed arriva nelle mie mani soltanto nel 2010. C’era tutto quello che un Alessandro Di Giuseppe diciassettenne avesse mai desiderato: templari, strane teorie complottiste, vita universitaria, stragi, terrorismo, teoria del falso, misteriosi musei raccontati al calare delle tenebre, libri, case editrici, crittografia, amore, sesso e filosofia. Il romanzo per eccellenza. Devo aggiungere altro?

Numero 2: “Il Giovane Holden” (J.D. Salinger)

Il Giovane Holden

Letto a diciannove anni e subito entrato nel mio immaginario. L’ho scoperto e amato prima di scoprire la beat generation, la letteratura lisergica e di leggere i grandi autori dimenticati (su cui faremo uno speciale tra un po’) della letteratura americana. Ho letto questo libro prima di leggere Bukowski e mi ci sono rivisto: la storia di un giovane ragazzo che, espulso dall’ennesimo college, decide di andarsene due giorni prima e di tornare a casa da solo, a piedi. Non vi piace? Beh, non importa: deve piacere a me. E poi, un libro che si apre con la frase “molto probabilmente, prima di sentire la mia storia, vorrete sapere chi diavolo sono e cosa diavolo faccio nella vita”, non può che essere un capolavoro assoluto

 

Numero 3: “I.T.” (Stephen King)

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Forse il primo grande libro, non solo per numero di pagine, che abbia mai letto. Questa lunga storia, che si snoda in un lungo percorso che dura, più o meno, trent’anni, segue la storia di quattro ragazzi e del loro lungo e travagliato percorso per superare le loro paure. In questo libro c’era, c’è e ci sarà tutto quello che deve avere un ottimo romanzo: una storia semplice, suspance, orrore, avventura, sesso, amore e grandi tematiche. Poi, tra i personaggi, c’era uno scrittore con una situazione affettiva precaria, ex sfigato che doveva scrivere le sceneggiature dei film tratti dai suoi libri. Immedesimazione immediata (oggi vado di allitterazioni). Questo è il libro senza il quale non avrei mai scritto il mio primo libro

 

 

 

 

 

Numero 4: “Io sono Leggenda” (Richard Matheson)

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Prima che tutto diventasse figo, che Will Smith vi recitasse e che tutto venisse cambiato, c’era il libro. Non voglio fare finta di essere un hipster, ma qui veramente la versione cinematografica non si può guardare! Parlando del libro, “Io sono leggenda” è la storia di Robert Neville: l’ultimo uomo rimasto vivo su una terra popolata da vampiri. Vampiri, avete capito? VAMPIRI NON ZOMBI! Magnifico libro da leggere dimenticando quella cagata, che però aveva le voci degli zombi fatte da Mike Patton, del film

Numero 5: “Dracula” (Bram Stoker)

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Il romanzo da cui è nata la mia fascinazione per il cinema horror. Cosa dire di questo libro? Ottimo romanzo epistolare ed “inventore” (in realtà sarebbe meglio dire “scopritore”) del personaggio più famoso del mondo. Se non l’hai letto, TI DEVI VERGONAREEEEE!

 

Numero 6: Tutti i racconti di Edgar Allan Poe

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Il primo, l’unico ed inimitabile. Non aggiungo altro. Trovateli e leggeteli TUTTI!

 

Numero 7: “Vino e Pane” (Ignazio Silone)
Vino e pane

Nell’eterno derby tutto abruzzese tra D’Annunzio e Flaiano, io ho scelto Ignazio Silone. “Vino e Pane” è un libro meraviglioso, zeppo di critica sociale, politica e poesia partigiana. La storia di un intellettuale dissidente che, per nascondersi, entra nella piccola chiesetta di un paesino di provincia e indossa i vestiti del curato. Cosa devo aggiungere per dire che è meraviglioso? Ah, sì: nell’introduzione del libro, Ignazio Silone racconta di aver avuto la fortuna di vedere le reazioni di una lettrice che stava leggendo il suo libro davanti a lui, seduta sul treno

Numero 8: “Avere o essere?” (Erich Fromm)

Avere o essere

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ebbene sì, tra i libri che mi porterei su di un’isola deserta, c’è anche questo. “Avere o essere?” è un saggio che mi ha cambiato la vita. L’analisi dell’autore, un sociologo e psichiatra, questa volta si rivolge allo stile di vita della civiltà occidentale e ai due modi di vivere: la modalità dell’essere e quella dell’avere. E se stai pensando che anche Osho ne ha parlato, beh, ti consiglio di fare dei gargarismi con la candeggina e poi ingoiare perché non hai capito nulla, se hai letto quei libri!

 

Numero 9 : “La Società Dello Spettacolo” (Guy Debord)

La società dello spettacolo

Altro saggio. Questa volta fondamentale per molti aspetti: il primo, è che questo libro è illuminante e mi ha aiutato a capire i meccanismi produttivi, economici e sociali dello spettacolo e della società, quella dell’immagine, in cui noi ormai viviamo e siamo immersi; il secondo, perché è l’opera che “apre” la stagione del ’68, inaugura il situazionismo e tutta una certa scuola di critica (citiamo il Godard critico sulla tv) che ha formato e continuerà a formare gli spocchiosi come noi. Opera che non potete non leggere

Numero 10: X

Non si tratta di un libro specifico, ma è un concetto. Se dovessi spiaggiare su un isola deserta, sarebbe il libro che, distrattamente, comprerei prima di partire. Se avessi un incidente aereo e fossi l’unico sopravvissuto, forse sarebbe un libro bruciacchiato che ho trovato a terra. Per farla breve, l’ultimo libro che porterei su un’isola deserta, sarebbe quello che non ho ancora letto