Pagina bianca (un racconto di Giada Corneli)

“Per oggi basta così”

Il cursore lampeggiava sul foglio bianco da ormai più di una settimana. Sembrava quasi essersi abituato a restare lì, inchiodato alla prima riga.
Rassegnata, bevve l’ultimo sorso di caffè. Era amaro. Non se lo ricordava. Fece una smorfia.
Avrebbe voluto avere un’idea, una buona idea.
Si era fatta notare ad un concorso per giovani scrittori ed aveva subito ricevuto la proposta di una casa editrice. La notizia l’aveva mandata al settimo cielo, ma non aveva ancora deciso di che cosa avrebbe parlato il suo libro. Era un’opportunità indescrivibile per lei:scrivere era sempre stata la sua passione, fin da bambina. Per il momento si manteneva facendo la cameriera in un bel ristorante, ma pregustava già la vita da scrittrice, seduta in un bar elegante con il suo computer, a sorseggiare un cappuccino doppio alla cannella e progettare il suo prossimo best seller.
Certo era, però, che doveva avere un’idea. Il problema, però, era quel maledetto cursore rimaneva che rimaneva lì, su quella pagina bianca, a fissarla e a lampeggiare.
Un tintinnio la allontanò dai suoi pensieri. Una mail. Un tonfo al cuore.

“Gentile Sofia,
Le ricordiamo il suo appuntamento di oggi alle ore 18.00 presso la casa editrice.
Attendiamo con ansia novità sul suo libro.
Cordiali saluti”

“Cosa?”
Non era possibile. Mancava ancora tempo a quell’appuntamento, ne era certa.
O forse no?
Cominciò a cercare forsennatamente tra le cartacce e i libri sparpagliati sulla sua scrivania
“Ma dove ho messo quella dannata agenda? Dovrei smettere di essere così disordinata… Ah, eccola finalmente!”
Sfogliò le pagine una ad una, finchè…
“Maledizione! L’appuntamento era oggi e io l’ho scordato! Adesso cosa faccio? Se non porto qualcosa all’editore stavolta posso dire addio al contratto!”
Tremava, l’ agitazione aveva preso possesso del suo corpo e della sua mente.
“Cosa faccio? Cosa faccio?”
Mancavano meno di tre ore alle 18,00 e doveva inventare qualcosa.
Improvvisamente si ricordò di una serie di appunti che aveva scritto qualche tempo prima, ma… cavolo… li aveva lasciati da.. oddio no, tutti ma lui no…

Erano stati bene insieme lei e Luca, per quello che era durata, ma lei era troppo presa dai suoi impegni e lui non aveva accettato di vederla tutto il giorno di spalle, con il viso sempre rivolto ad uno schermo.
“Con quale faccia posso chiamarlo? Mi odierà ancora di più se lo chiamo solo per il lavoro, ma non ho altra scelta!”
Prese il cellulare e fece un respiro profondo, quasi dovesse fare un tuffo nel vuoto.
Uno squillo…due…tre…Niente…
“Non vuole sentirmi, ovvio” Come poteva biasimarlo? “Non mi resta che andare da lui”
Uscì di casa, il cielo nuvoloso e carico di pioggia. Attraversò di corsa il quartiere, non doveva fare troppa strada, ma quella volta le sembrò un tragitto infinito. Mentre correva pesanti gocce d’acqua cominciarono a caderle sulla testa.
“Ci mancava solo questa!!” Aveva lasciato l’ombrello a casa, iniziò a correre più velocemente.
Finalmente arrivò alla sua meta. Si fermò davanti alla porta-il respiro affannoso e i vestiti bagnati-non sapendo ancora cosa avrebbe dovuto dire. Fece per suonare il campanello, ma la porta si aprì di scatto facendola ritrovare faccia a faccia con Luca. Lui la guardò confuso
“Sofia, che ci fai qui?”
Lei abbassò lo sguardo “Ciao, mi serve un favore, è importante, si tratta del mio libro. Ho bisogno, ehm, degli appunti che ho lasciato qui da te, ho un appuntamento con l’editore e, sai, non ho scritto niente nell’ultimo periodo e…”
“Aspetta, aspetta, vuoi dirmi che sei qui solo per il tuo libro? Sul serio?”
“Io…ehm, io…”. Non sapeva cosa dire. Alzò per un attimo gli occhi, lui la guardava con aria sarcastica.
“Non hai più scritto nulla eh? Povera piccola. E quindi adesso vieni a chiedermi aiuto, che tenera. E prima? Quando io cercavo di far funzionare le cose tra noi, tu cosa facevi? Scrivevi, scrivevi, scrivevi… e adesso mi devo sentir dire che non hai niente da presentare, che ridere! I tuoi appunti? Sofia, mi avevi detto di non pensarti più! E io l’ho fatto, mi sono ricordato di dimenticarti, dentro a un cestino! Tutta la tua roba l’ho buttata via.”
“Luca…”
“Sofia, non mi interessa più niente di te, del tuo lavoro, vai a mani vuote dall’editore, non avrai certo il mio aiuto. Ora vattene, ho da fare” E con un ghigno beffardo la scansò e salì in macchina.
Sconvolta, Sofia cercò di rincorrerlo in mezzo alla strada, ma in quel momento udì un colpo di clacson dietro di lei. Chiuse gli occhi e lanciò un urlo, coperto solo dal fischio sordo dei freni.

Aprì gli occhi di soprassalto: l’odore del caffè riempiva la stanza, il cursore lampeggiava ancora sul foglio bianco.