Censuriamo Squid Game, ma non basta. (di Nicola Iannibelli)

Ci risiamo, stavolta tocca ad una serie TV a seminare il panico e a suscitare l’indignazione di diversi genitori a causa della violenza mostrata e successivamente emulata dai piccoli. Niente di nuovo, solo nei miei 30 anni ho visto le stesse dinamiche con diversi videogiochi (in particolare Grand Theft Auto), film (Gomorra), artisti musicali (Marylin Manson e i Cannibal Corpse), cartoni animati (South Park e i Griffin) e col wrestling ai tempi di Eddie Guerrero e John Cena. Periodicamente spunta fuori qualcosa che “incita” i bambini o gli adolescenti a essere violenti o addirittura assassini a sangue freddo.

Ora, la rabbia che parte dalla pancia di questi genitori e che non va a cercare altre cause se non quelle più evidenti, vuole immediatamente e solamente la censura, la cancellazione definitiva! Solo così i piccoli sono salvi! Mmm, ammettiamo che sia così…ma poi? Ragionando iperbolicamente direi che dovremmo rivedere i programmi scolastici, non possiamo far vedere in Storia dell’Arte raffigurazioni violente come quelle di Goya e Bosch o nudi integrali a bambini piccoli, quindi via Botticelli e Michelangelo, che ha fatto il pipino al David. Anche la Storia andrebbe ritoccata un po’…troppe guerre, fratricidi, massacri verso popoli innocenti, persino incesti! No, no, non mi pare il caso. E la religione? dovremmo davvero portare bambini innocenti in luoghi di culto dove abbiamo statue di santi trafitti, sgozzati, arsi vivi e inchiodati su croci di legno? Suvvia, così li traumatizziamo!

Ovviamente è un’esagerazione voluta per scherzare, ma torniamo un attimo a riflettere seriamente sulla questione applicandola ai principali imputati, e cioè i nuovi media: video-games, social network e l’internet in generale. Certo è che l’arrivo di questi ha favorito un accesso facilitato a contenuti “violenti” a chiunque. Ma tutti i casi citati all’inizio di questo articolo, i più rilevanti, sono già vietati ai minori per legge (tranne il wrestling che però ripeteva ogni 10 minuti lo spot del “Don’t try this at home!”). Va da sé quindi che buona parte della colpa ricade sui genitori stessi, che dovrebbero prestare maggiore attenzione ai contenuti audio-visivi fruiti dai loro figli. Ma i genitori incazzati e che hanno aperto una raccolta firme per chiudere Squid Game mi diranno: “Anche se controlliamo e stiamo attenti, a scuola o con gli amici finiscono lo stesso per vedere quelle cose! Ormai hanno tutti un cellulare o un tablet e lo sanno anche usare meglio di noi!”.

E qui avete ragione anche voi, lo ammetto…ma, come anticipo dal titolo, la soluzione non è censurare, non lo è mai! Basti vedere quando censurarono gli Squallor e proprio quell’alone di proibito suscitò la curiosità di tanti minorenni che si fiondarono a comprare gli album pieni di parolacce e scurrilità (ma sempre geniali). E, diciamocelo, lo stesso avviene spesso con le sigarette, i porno e con diverse altre droghe. È normale, ci siamo passati tutti.

Il genitore indignato di prima, che chiameremo Guido, a questo punto sarcasticamente chiederà: “Ma allora diamo tutto per buono? Li lasciamo tranquillamente a guardarsi anche la seconda stagione quando uscirà?”

Eh no, caro Guido, io una soluzione vera ce l’avrei: educhiamoli. Semplice no? Mettiamo nelle scuole una nuova disciplina, l’Educazione all’immagine, o al “linguaggio dei prodotti audiovisivi”. Già dalle elementari. I piccoli di oggi sono sommersi da stimoli, immagini, video, pubblicità, videogiochi persino sugli orologi. Se vogliamo che crescano sapendo distinguere realtà e sua rappresentazione, in un mondo in cui le due cose tendono a fondersi e confondersi continuamente, la soluzione è conoscere già in tenera età i linguaggi che segnano questo confine, comprenderli al meglio in ogni loro accezione per viverli come fruitore consapevole e non come vittima ignara.

Insegnare loro ad esempio, la contestualizzazione, che tutti in realtà stiamo dimenticando. Un bambino o un adolescente che si approccia in modo critico a un qualsiasi contenuto non sarà mai una preoccupazione per i suoi genitori, soprattutto se questi si fidano.

Forse, caro Guido, è per questo che dovreste battervi, alzare la voce e raccogliere firme. Spero lo capiate prima del prossimo artista/regista/produttore/musicista da mettere (simbolicamente) al rogo.