Gabriele D’Annunzio ovvero: le dolorose velleità del piacere (di Alessandro Di Giuseppe)

Ok, facciamo un gioco. Si chiamerà… mmm… ecco! Sì, si chiamerà:”Un piccolo viaggio nel tempo in compagnia di Alessandro Di Giuseppe”. Ok, dunque dicevamo, facciamo un gioco. Vi spiego le regole. Al mio tre, chiuderete gli occhi farete un respiro profondo e, quando li riaprirete, vi troverete nella vostra aula di quarta elementare, seduti in quarta fila, il banco che da sul corridoietto che divide le due colonne di banchi. Ci siete. Ok: 1…2…3… Perfetto! Ora riapriteli: siete in classe, è una noiosa mattina di Gennaio, dalle finestre vi arriva il ticchettio della pioggia e voi avete soltanto voglia di uscire, tornare a casa, accendere la tv e guardare Dragon Ball. Dragon Ball è la cosa più importante del mondo, la cosa che vi tiene incollati allo schermo e che spesso, troppo spesso, vi fa andare di traverso gli spaghetti della mamma. E poi adesso, adesso che c’è il torneo e tutti si sono iscritti ed è arrivato quello strano personaggio con tre occhi, cosa può esserci di più importante nella vita. Comunque, dicevamo, siete immersi nelle vostre congetture su chi vincerà il torneo quando, all’improvviso, mentre aspettate che suoni la campanella, la vostra maestra d’Italiano vi chiama. Ci mettete qualche minuto a capire cosa stia succedendo- con la mente state già immaginando quale attacco speciale o mossa segreta o raggio laser o cattivone brutto e stronzo dovrà affrontare Goku nel prossimo incontro-, ma poi vi alzate e vi avvicinate alla cattedra. La maestra di Italiano, che vorreste chiamare “stronza” ma non potete perché la mamma non vuole, è l’unica che vi fa alzare ed avvicinare alla cattedra. Ecco, l’interrogazione parte. Lei fa finta di essere simpatica, ma tu ti stai già facendo la pipì addosso. Perché? Ma è semplice: perché dopo Dragon Ball fa Lupin e dopo Lupin, Hercules e poi Doraemon e poi i Pokemon e poi Xena. Con un palinsesto così, come facevi a studiare? Comunque, la maestra ti chiede di recitargli a memoria l’ultima poesia che avete studiato in classe e tu parti:

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane

Lei fa sì con la testa e tu ti blocchi: non te la ricordi. Lei cerca di imboccarti le parole, ma tu non la sai. Così lei ti dice di andare a sederti, scrive qualcosa sul registro, ti guarda di nuovo, ti dice di portarle il diario e ti becchi una bella nota perché non ti ricordi una poesia. Vi è mai capitata una cosa del genere? A me sì. E cosa facciamo, di solito, quando ci succede una cosa del genere? Decidiamo che la maestra, o la prof, ce l’aveva con noi e mettiamo una croce sopra il poeta/ scrittore/filosofo/psicologo e non lo leggeremo mai. E sbagliamo. Ma ci sbagliamo alla grande. Come faccio a dirlo? Sono uno di quelli che, per anni, ha fatto così. Poi, d’improvviso, qualche anno fa, ho iniziato a leggerli, quegli scrittori che mi rompevano le palle da bimbino. Cosa ho scoperto? Che sono immensi. Volete una cosa più specifica? Vi accontento subito:

Il piacere

Titolo: Il Piacere
Autore: Gabriele D’Annunzio
Anno: 1889

TRAMA:
Andrea Sperelli, giovane conte rimasto orfano di entrambi i genitori, ha deciso di vivere la sua vita nell’agiatezza borghese e nel libertinaggio. Ha scelto Roma, la città senza tempo e piena di storia, per farlo. E la sua residenza, palazzo Zuccari, è diventata una specie di ritiro, di culla e di nido d’amore.Le giornate di Andrea Sperelli trascorrono nell’ozio e nella vita mondana, tra cene eleganti, dolci e frenetiche amanti, pettegolezzi e sigarette. Ma cosa succede quando una sua vecchia amante, Elena Muti, torna nella sua vita soltanto per dirgli che si sta sposando? E perché Maria Ferres, amica di sua cugina e promessa sposa di un duca inglese, lo ossessiona così tanto? Riuscirà a riconquistare Elena e far innamorare Maria? Riuscirà a gestire la situazione? Ma, soprattutto, riuscirà ad arrivare al piacere che tanto anela?

 

Scritto in cinque mesi, tra Luglio e Dicembre del 1888, “Il Piacere” è il primissimo romanzo completo di D’Annunzio: quella strana, enigmatica, vigorosa, passionale e poetica personalità che sconvolse il mondo della letteratura fino al 1939, anno della sua morte. Le sue gesta, e le sue strane perversioni sessuali, sono note a praticamente tutti e, ogni anno, ciclicamente, esce fuori qualcos’altro. Le sue amanti sono famose e variegate- ricordiamo soltanto, per vicinanza di studi, Eleonora Duse: la prima attrice “diva” italiana- e anche le sue gesta di guerra. Le sue poesie sono entrate nelle antologie scolastiche e tutti lo conoscono. Ma non sento mai, e frequento ambienti colmi di “””””scrittori””””, nessuno che me ne parli come dello scrittore eccelso che è. Perchè è vero: D’Annunzio è uno scrittore eccelso. E ce lo mostra fin dalle prime pagine: la continua ricerca della parole giusta, più elegante, più estetica, si fonde perfettamente con una narrazione avvincente, particolareggiata e scorrevolissima. La mole di pagine, 342 divise in quattro parti, in Quattro Libri, non vi dovrà assolutamente fermare: questo romanzo scorre via che è una bellezza. L’autore, inoltre, riesce a trasportaci, con le sue descrizioni dettagliate dei vestiti, degli stati d’animo e della Roma di fine ‘800, in un paesaggio antico ma attuale. Carmelo Bene, parlando dell'”Ulisse” di Joyce disse che quello era cinema prima del cinema. “Il Piacere” è certamente cinema: vi troverete nelle situazioni come uno spettatore avido di fronte ad un film stupendo. E D’Annunzio vi rapirà con l’eleganza delle parole, con la sublimità del paragrafo e del capitolo perfetto. Addirittura, riuscirete anche a sentire l’odore dei fiori dalle pagine del libro. Un manifesto di manierismo e perfezione, di vitalità e nichilismo, d’amore e di sesso.
Questo non è un libro, questa è la vita.

Voto: 10 e lode!