La Non-Recensione di “Mulholland Drive” – (A cura di Alessandro Di Giuseppe).

Anno: 2001 – Genere: Drammatico/Thriller – Di: David Lynch.

Con: Naomi Watts, Laura Harring, Justin Theroux.

Tentare di “recensire” un film di cui molti hanno scritto, parlato e teorizzato (è il “solito vecchio gioco” a cui si partecipa ogni volta che si guarda un film di Lynch: cercare di capire quale sia la trama, il soggetto, cosa il regista abbia scritto nelle cinque, dieci o sessanta righe con cui ha presentato il progetto al produttore) è sempre una scelta rischiosa. In questo caso, il rischio raddoppia. I motivi sono due. Il primo, perché è il mio primo articolo su questo blog. Il secondo, perché è un film di Lynch: ci sarà sempre qualche fan invasato che, ben nascosto dietro una tastiera, il monitor di un pc e qualche chilometro di fibra ottica, mi insulterà dicendo che io non ho capito un cazzo della “poetica dell’autore”. Bene, se siete uno di quei fan, vi do un consiglio: se non avete abbastanza soldi per affitare Svetlana sulla Colombo, cercate un porno su Youjizz, fatevi una bella sega, sfogatevi e non flammate su Facebook. Per tutti quelli che sono rimasti, una piccola nota introduttiva: l’articolo sarà diviso in due parti. Nella prima, cercherò di mantenermi oggettivo, di “raccontarvi un po’” il film per come si mostra . Nella seconda, che potete benissimo non leggere, darò le mie impressioni, tirerò le somme su quello che io, e ripeto IO, penso del film. Se ve ne sbattete gli zebedei dei miei pareri personali, beh, me ne farò una ragione.

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Il film si apre su una scena di ballo: vediamo quattro coppie che, accompagnate da una musica da balera, danzano. La sequenza è montata su uno sfondo viola, chiaramente un green screen. Le coppie di ballerini cambiano ad ogni giro: vengono sovraimpresse l’una sull’altra. Al termine di questa scena introduttiva, una dissolvenza sul nero e la mdp inizia a seguire una limousine che procede su una strada. È buio. Nella scena seguente, il regista ci presenta il primo protagonista: una donna mora, di cui non riusciremo mai a capire il vero nome, in abito scuro da sera. La donna è nella macchina, seduta sui sedili posteriori. L’automobile si ferma, lei chiede perché, l’uomo alla guida le intima, con una pistola, di scendere dall’auto. Uno stacco su altre due macchine che si avvicinano. Le due macchine impattano contro la limousine. La donna mora, unica sopravvissuta all’incidente, scende in città. Riesce a nascondersi nella casa di un’anziana signora che sta partendo. Il giorno seguente, la nipote della proprietaria dell’appartamento, una ragazza bionda che pare chiamarsi Betty, arrivata ad Hollywood per un provino cinematografico, la scopre in bagno, le chiede chi sia, la ragazza mora non lo ricorda ma decide di presentarsi come Rita, così Betty si offre di aiutarla. La ricerca dell’identità di Rita, che conserva, in una borsetta, soltanto qualche mazzetta di soldi e una chiave blu, è uno dei motivi principali della pellicola. Parallelamente, seguiamo le vicende del regista Adam che litiga con la produzione per la scelta della protagonista del suo film. Sembrerebbe una storia normale, una banalotta spy story con un’innesto semiautobiografico cucito dentro, ma la situazione cambia, si stravolge, nel giro di qualche scena. Infatti, quando le due donne scoprono, nell’appartamento di Diane, una donna di cui Rita ricorda il nome, il cadavere della ragazza, Rita ne rimane sconvolta. Nella due scene seguenti, cerca di cambiare colore ed acconciatura ai capelli, di uscire da se stessa, di diventare altro. Decidendo infine di usare una parrucca a caschetto bionda, esattamente come Betty. Un paio di scene dopo, dopo aver assistito ad una strana perfomance teatrale, il piano narrativo viene sconvolto. A questo punto ci chiediamo chi siano i personaggi? Chi sono quegli strani uomini che si muovono all’interno del film? E perché, in qualche modo, tutto ritorna sempre alla strada dell’incidente? Perché ritorna tutto, sempre a Mulholland Drive?

Film impegnativo e profondo. L’uso dei colori, degli ambienti e l’orchestrazione degli eventi (per chi ama l’autore vi riconoscerà i topoi che caratterizzano le sue opere: la festa, il palcoscenico teatrale, lo spaesamento onirico dei personaggi, la psicanalisi palese e nascosta)ricordano il miglior Bergman, quello di “Sussurri e grida”. Saggio di arte (e videoarte) e di cinema moderno e compendio di psicanalisi. Se cercate un film da domenica pomeriggio o qualcosa da far scorrere sulla tv, il giovedì sera, prima della trombatina con la vostra ragazza, lasciate perdere: “Mulholland Dr.” è un’esperienza emotiva complessa, forse destabilizzante, da seguire e da vivere. Se pensate che Nolan sia “il meglio del meglio del meglio, Signore!”, molto probabilmente, oltre a non aver capito la citazione appena fatta, fareste meglio a guardare questo film più e più volte. Unica nota critica? Troppe tette! Adesso, capisco la logica di mercato (se un paio di tette portano 10000 persone al cinema, due paia di tette il doppio) ma le ho trovate eccessive. Oddio, non che non ne abbia goduto e la scena di sesso lesbo (eh già, ragazzoni infoiati: c’è una scena di sesso lesbo) è utile ai fini della trama, ma ‘ste cazzo di tette, sono così importanti in un film?

Voto: 8

Trailer Youtube: