“Scusi, è impegnato domani sera?” “No, perché?” “Allora ammazzerebbe mio padre al posto mio?” “Soltanto se lei accetta di uccidere mia moglie”. “L’altro Uomo” ovvero: Hitchcock è le regole del giallo perfetto (una recensione di Alessandro Di Giuseppe)

Ok, immaginate di essere in metro. Siete annoiati, stanchi, pressati in mezzo ad una fiumana di persone che urlano, sudano, si toccano il culo, slinguazzano e smanazzano sugli schermi dei loro cellulari. Poi arrivate ad una stazione- per comodità la chiameremo “Stazione Termini”- e tutto il vostro vagone sembra svuotarsi. Avete finalmente il tempo di rilassarvi un po’, sgranchirvi le gambe e magari controllare il cellulare, leggere il messaggio che vi era arrivato una ventina di fermate prima. Dopo averlo controllato- era una vostra amica che vi rispondeva “ok” ad un lungo messaggio- lo rimettete in tasca, vi appoggiate allo schienale in plastica e, finalmente da quando siete saliti, riuscite a guardare davanti a voi. E, seduto proprio nel posto dirimpetto al vostro, chi vedete? Ma naturalmente (nome del vostro calciatore, attore, cantante, nuotatore, conduttore televisivo, youtuber, blogger, modello, attore/trice porno) preferito! Che cosa fate? Beh, immagino che farete finta di non guardarlo per un po’, calcolerete il numero di fermate che mancano e poi studierete un modo per approcciarvi in modo tranquillo, trattenendo l’euforia ed evitando di fare figure di merda. Di solito, il tutto si risolve con un “Ehi, ma tu sei (nome che avete inserito prima)? Ti seguo sempre, possiamo farci una foto insieme?” Poi foto,stretta di mano, complimenti e ognuno per la sua strada. Questo è lo schema collaudato. Ci sono tante piccole variazioni- il tipo che li tratta come fossero amiconi, il tipo che fa il superiore, quello che fa l’adulatore, la groupie che, appena li vede, si toglie le mutandine e gli stringe le gambe attorno al collo e quello che ci parla quaranta secondi e racconta a tutti di averci passato una serata insieme-ma il copione, se così possiamo chiamarlo, rimane sempre uguale. Perché poi, alla fine, che lo ammettiamo o meno, che siamo cinici o sognatori, intelligenti o coglioni, incontrare qualcuno di famoso, qualcuno che vorremmo essere, ci fa sempre felici: ci illude di poter vivere, anche soltanto per qualche momento, il tempo di un saluto, una chiacchiera veloce ed una foto, la vita che vorremmo. Perché tutti, da Steven Spielberg al fornaio da cui compri il pane tutte le mattine, vorremmo avere una vita diversa (Woody Allen, un par d’anni fa, ha fatto un film che giocava proprio su questo tema), lontana dalla nostra. E cosa succederebbe se, per caso, avreste non solo l’opportunità di parlare con una celebrità, ma potreste aiutarla a risolvere una spinosa questione che lo riguarda? E cosa fareste se poi, in qualche modo, questa celebrità fosse in debito con voi? Beh, Hitchcock ci ha dato un esempio. Siete curiosi di sapere? Dopo questo capoverso, sarete subito accontentati

delitto per delitto

TITOLO: Delitto per delitto (precedentemente “L’altro uomo”)

TITOLO ORIGINALE: Stranger on a train

ANNO: 1951

REGIA: Alfred Hitchcock

SCENEGGIATURA: Raymond Chandler,Czenzi Ormonde, Barbara Keon, Alma Hitchcock

CAST: Farley Earl Granger, Ruth Roman,Robert Hudson Walker, Leo G. Carroll,Patricia Hitchcock, Marion Lorne, Howard St. John, Laura Elliot, Jonathan Hale, Norma Varden

TRAMA:

Guy Haines (Farley Earl Granger) è un giovane tennista in ascesa. Ma se la carriera sportiva va alla grande, la vita privata cola a picco: Miriam (Laura Elliot), di fatto la sua ex moglie, si rifiuta di firmare le carte del divorzio. Perché? Ma è semplice: un tennista famoso è una miniera d’oro! Ad essere vittima di questo ricatto, però, non è soltanto Guy, ma anche la sua nuova ragazza Ann Morton (Ruth Roman). I due, infatti, nonostante si amino e il loro amore sia puro e corrisposto, non possono sposarsi. In viaggio su un treno, Guy viene avvicinato da una suo fan che si presenta: si chiama Bruno Anthony (Robert Walker). I due chiacchierano del più e del meno e, sopratutto, della vita di Guy. Bruno gli racconta di suo padre: tirchio e autoritario nei suoi confronti. Nel corso della chiacchierata, però, scopriremo che Bruno è un perdigiono viziato e vizioso. Alla fine del viaggio, Bruno proporrà a Guy uno scambio: lui ucciderà Miriam e Guy dovrà uccidere suo padre. Guy la prende a ridere e dice che sarebbe una buona idea, ma infattibile. Cosa succede, però, quando Miriam muore e Bruno chiede a Guy di tener fede al loro patto? E Guy riuscirà a far capire alla polizia, di cui è l’indiziato principale, cosa sia realmente accaduto? E, in tutto ciò, riuscirà a qualificarsi per le finali di tennis?

 

 

Sedicesimo film del periodo americano di Hitchcock- tre anni prima aveva girato quel film immenso, composto da undici piani sequenza (before it was cool), che è “Nodo Alla gola”. Ma non dobbiamo dimenticare che il periodo americano di Hitchcock ha generato perle come “Rebecca-la prima moglie”, “Notorious”, “Il Delitto Perfetto”, “La finestra sul cortile”,”Gli Uccelli” “Psyco” e “Vertigo”, per citarne solo qualcuno- “L’altro uomo” è tratto dal primo romanzo di Patricia Highsmith (che Hitchcock ha consacrato al mondo). Una pellicola interessante e coinvolgente che gioca, come tutto il cinema di Hitchcock, sui diversi piani di conoscenza e di visione. Per farvi capire: per i primi cinque o sei minuti del film, mentre la voce fuori campo inizierà la narrazione, il regista ci mostrerà soltanto carrellate che seguono gambe e scarpe che camminano, rotaie di un treno, vagoni, lancette di orologi per poi allargare sui due protagonisti. Può sembrare soltanto un piccolo e banale trucco per creare suspance, eppure, in queste prime “inquadrature a vuoto” c’è tutto il senso del film: lo scambio di identità, il roteare vorticoso del lancette dell’orologio, il treno che corre sulle rotaie .Tutte le scene sono cariche e pregne di significato e ci portano, insieme a tutti gli altri elementi della sceneggiatura, ad immergerci nella vicenda. E Alfred (ormai siamo amici: ci riuniamo la sera e ascoltiamo le cazzate che sparano gli youtuber sui film) lo sa fare. Se un ottima sceneggiatura è composta di pochi elementi e personaggi caratterizzati bene, questo film è la prova vivente che questa teoria funziona: un plot semplicissimo, sei personaggi in tutto, ma non riesci a non seguirlo. Pellicola spettacolare che utilizza tutte le tecniche del cinema “analogico” (luci, ombre, riflessi,trasparenti, ottiche, carrellate, zoom e montaggio) e riesce a diventare qualcosa di sensazionale, unico e senza tempo. Le sequenze del Luna Park, il luogo dove si consumerà e verrà scoperto il vero colpevole dell’omicidio, sono raggelanti e coinvolgenti: l’omicidio, per il gioco di sguardi e di luci (il viso della vittima verrà illuminato da un accendino, quello dell’assassino rimarrà in ombra) e lo svelamento del colpevole per la situazione in corso (non voglio svelarvi niente, ma c’entrano una giostra, un bambino, una lotta ed un vecchio giostraio). Il tempo sarà sempre una minaccia incombente e vi farà stringere il culetto per un’abbondante ora e quaranta. I dialoghi si concentrano sui massimi problemi psicanalitici: il conflitto padri/figli, la gelosia, il senso di possesso, la vacuità della vita e l’inconsistenza dell’omicidio. Devo aggiungere altro?

Voto: 10

Alfred-Hitchcock

Storiella: non contento della prima sceneggiatura del film, Hitchcock licenziò lo sceneggiatore e la fece riscrivere quasi completamente. A questa nuova versione partecipò, tra gli altri, anche sua moglie Alma

Storiella 2: dal film “Blackmail”, Hitchcock fa un piccolo cameo, come comparsa, in tutti i suoi film. In questo, scende da un treno con la custodia di un contrabbasso in mano