Situazionismo o idiozia? Il carrozzone di Andrea Diprè pt.3, il pervertito: Peppe Fetish (di Alessandro Di Giuseppe)

Nel 1886, nove anni prima della prima proiezione, al caffè Les Halles di Parigi, dei primi film prodotti, girati e distribuiti dai fratelli Lumière, un signore che si chiamava Richard von Krafft-Ebing (non barare: lo so che non l’hai letto tutto il nome. Torna indietro e perdi cinque secondi per leggerlo tutto. Ecco, bravo!) scrisse un libro. Un libro importante. Si chiamava “Psychopathia Sexualis”. Perché è importante questo libro? Beh, è stato il primo libro che trattava scientificamente e clinicamente i disturbi di natura sessuale. E voi direte: “Ma chi è lui per dire queste cose? Perché non parla delle SCIE KIMICHE???? Secondo me, è un GOMBLOTTO!!11!! ABBATTIAMO LA KA$TA!!!11! Meno male che c’è BEPPE CRILLO CHE PENSA A NOI!!!!111!!! TUTTI A CASA!! TUTTI A CASA!! TUTTI A CASA!!” Beh, se la tua reazione è stata questa, SPERO TU MUOIA DI CANCRO ALLA PROSTATA! Per tutti quelli che si sono fatti una risata e sono curiosi di sapere perché è importante questo libro, vi dirò che von Krafft-Ebing è stato il primo psichiatra nella storia a fare studi seri e documentati sulle deviazioni sessuali, i feticismi, le parafilie e sulle ripercussioni che hanno sulla vita del paziente. Per farvi capire l’importanza di questo uomo di scienza, fu il primo a sostenere e dimostrare che i bambini vittime di pedofilia, a causa della violenza subita, potessero sviluppare nevrosi e comportamenti aggressivi. Immagino che Google o Facebook non vi ricordino queste cose, giusto? Comunque, tornando alla “Psychopathia Sexualis”, il tomo ci delucida su feticismi e le devianze sessuali. Sopratutto riguardo agli omosessuali. Certo perché, in questa prima edizione del volume, l’omosessualità era considerata una malattia. C’è da dire, però, che nelle edizioni successive, von Kraff-Ebing, a seguito di altri e più specifici studi, ha rivisto le sue teorie ed è stato il primo, forse l’unico, a confutare l’opinione comune, tristemente diffusa anche adesso, che gli omosessuali e le lesbiche fossero dei malati. Bene, per completare questa introduzione, aggiungerò che se vi garba trombare in modo strano, fatelo: non c’è nulla di male se siete maggiorenni, consenzienti e non fate cose illegali. Ma perché vi sto parlando di feticismi e devianze? Perché il personaggio di cui parliamo in questo umile articolo, si è autoproclamato “il feticista d’Italia”. Ma non perdiamo altro tempo, e iniziamo a parlare di PEPPE FETISH

Alto, con pochi capelli arruffati, sguardo vitreo, corporatura esile e sigaretta in bocca, Peppe Fetish si impone al “Diprè per il sociale”- la “categoria” di video dedicata ai problemi sociali nel canale di Andrea Diprè- per il suo “vizietto” speciale. Di cosa stiamo parlando? Ma naturalmente della sua mania dei piedi: gli piace toccarli, annusarli e leccarli. E fa proposte concrete, in denaro. Diprè si interessa, gli organizza incontri con “Opere d’arte mobili” (ne parleremo più avanti nel corso di questa rubrica), che sono ben contente di esaudire i suoi desideri. Il tutto, naturalmente, rigorosamente ripreso da una telecamera, con un pubblico ed in uno spazio pubblico. Durante le lunghe intervista insieme al noto avvocato- per inciso: Diprè è stato radiato dall’albo-, Peppe Fetish racconta della vergogna con cui vive la sua perversione, del giudizio che hanno di lui le persone che ha intorno e di cosa sia “costretto” a fare per soddisfare i suoi bisogni. Diprè ascolta attento, un occhio sempre puntato verso la camera che riprende, e sostiene di capirlo, di essere pienamente d’accordo con quello che dice e si dice indignato dell’atteggiamento collettivo. Ma poi, come succede nei più famosi, grandi (e cinici) show televisivi, arriva il momento della canzoncina. A cantarla è Peppe Fetish. Le parole sono le sue. La melodia, tratta dalle grandi canzoni di musica leggera italiana. E di cosa parla, questa canzone? Secondo voi? Ma del suo amore per i piedi e della sua voglia di toccarli, baciarli, leccarli, annusarli e strofinarseli addosso. La canzoncina, diventata ormai il suo asso di battaglia, viene riproposta a metà e alla fine di ogni video intervista. Diventa, in qualche modo, il suo Jingle personale. Le porno star, dispensatrici della sua gioia, sembrano prenderlo in grazia e i video, nella maggior parte dei casi, finiscono con una grande erezione, piedi in faccia e urla disgustate da parte del pubblico

Cosa dire? Beh, la prima cosa che non possiamo non notare, guardando le interviste di Peppe Fetish, è il suo profondo e completo disagio, il suo sentirsi inadeguato, il suo nascondere, mostrandolo a tutti, l’oggetto dello scherno: la sua sessualità. Nei suoi racconti, ludici e folli, narra che è costretto a pagare per placare i suoi appetiti. A prima vista potrebbe sembrare soltanto un pazzo, un idiota che non ha una vita sessuale e che, ammettiamolo, ci fa ridere. In realtà, quello che può avvenire nella testa di queste persone, a volte, supera quello che possiamo credere e qualcosa di banale, innocuo e divertente, potrebbe trasformarsi in altro. Volete un esempio? Ricardo Lopez. Forse non vi dirà nulla, ma andate a cercarlo: ne parleremo. Altra questione importante, guardando i video in cui appare Peppe Fetish, è il voyerismo insito nella natura umana: se è infatti vero che chiunque, sotto le coperte, può fare ciò che vuole, è vero anche che Internet ha reso possibile guardarlo. Non che prima non ci fossero riviste porno o canali tematici, ma con l’avvento di internet tutto è cambiato. Ed è forse questo, il punto focale, quello che più mi spaventa: la cultura dell’immagine. Peppe Fetish è ormai diventato, agli occhi di tutti, la rappresentazione vivente di quello che possiamo trovare navigando un po’ sulla rete. Ci piacciono i depravati, i pervertiti e gli atti aberranti, contro natura. Ci diverte guardarli, ci piace collezionarli e ci scandalizza guardarli. Ed è questo quello che ci piace e ci intriga di Peppe: lui è la carne, quello che sta dietro l’immagine. E ci sconvolge. Ed è forse per questo che lo si insulta, che lo si maltratta: lui ci dimostra che il sesso, che le parafilie, che i feticismi, non sono come quelli che vediamo in rete, che non serve legare completamente una cinesina, cospargerla di merda e darle fuoco ai capezzoli per eccitarsi. E ci spaventa perché, guardandolo, abbiamo paura di essere come lui. Questa è la verità e l’unica colpa, se così possiamo chiamarla, di Peppe Fetish è quella di aver reso l’immagine mediata, umana, di aver strappato il velo di Maya che ci copriva gli occhi e di averci mostrato per quello che siamo: dei moralisti. Perché, pensateci, Peppe Fetish non ha la faccia da mostro, non ha la faccia da pervertito. Ha la faccia di tutti. Ed è per questo che lo temiamo e lo prendiamo in giro: ci ricorda che in un’epoca in cui, con un click, possiamo essere chi vogliamo, siamo fatti di carne, sangue, sperma e pulsioni primarie. Ed è per questo motivo che non smetterò mai di ringraziarlo.