Un giorno come tanti (un racconto di Giada Corneli)

Come ogni mattina  Marco ignorò il suono della sveglia. La sentì soltanto dieci minuti dopo, quando il corvo appollaiato fuori dalla finestra iniziò a gracchiare.
“Stupida sveglia, perché non fai mai il tuo dovere? Un giorno di questi sai che succede? Che ti cambio. O ti spacco!”
Si alzo dal letto, si preparò senza troppa cura e uscì  scendendo le scale di corsa. Nella fretta andò a sbattere contro il portiere del suo palazzo..
“Scusi!” gli urlò senza fermarsi. L’uomo gli gettò un’occhiataccia. I giovani d’oggi non valgono un cazzo-pensò.
Era una bella giornata di sole e, per fortuna la città non era particolarmente trafficata. Marco parcheggiò l’auto con qualche minuto di anticipo e si incamminò a piedi verso l’ufficio.
“Alla fine anche oggi ce l’ho fatta! Nulla di nuovo, nella mia solita giorn…”
“Attento!”
Quel grido lo distolse dai suoi pensieri. Fece appena in tempo a spostarsi, un camioncino sbandò e si rovesciò sul marciapiede, a pochi centimetri da lui.
Lui rimase immobile, sotto shock.
“Tutto bene ragazzo?” gli chiese un uomo.
Non rispose.
“Vieni con me, ti faccio sedere un po’”
Non oppose resistenza e si fece accompagnare all’interno di un bar, un locale buio, un po’ tetro, senza clienti.
“Non hai visto che il camioncino stava sbandando?”
“N..no, ero distratto.”
“Capisco, tieni, bevi un po’ d’acqua.”
Marco cominciò a riprendersi. Guardò l’uomo che lo aveva soccorso, era in penombra e non riuscì a notarne che i contorni, quindi si guardò intorno.
“Che posto è questo? Non mi sembra di averlo mai visto.”
“Non lo notano in tanti, in effetti” rispose l’uomo.
“Strano, è proprio di fronte al mio ufficio, vede?” Si girò per indicare l’ufficio, ma non riuscì a vedere nulla: fuori dalla vetrina una fitta nebbia ricopriva tutto.
“Nebbia? Ma cosa? C’era il sole fino a qualche minuto fa!”
“Quando si è qui si vede solo nebbia, ragazzo.”
“Cosa? E’ una specie di effetto ottico?” “No, nessun effetto ottico.”
“E allora cos’è? magia? O forse sono diventato matto e la pazzia mi fa vedere la nebbia?”
“Niente di tutto questo, Marco. Adesso dimmi, davvero non ti sei accorto di niente?”
“Accorgermi di cosa? E, aspetti lei…lei come sa il mio nome?”
“Io so tutto di te, Marco. Davvero non ti sei accorto di niente?”
“E’ una specie di stalker? E di che cosa dovevo accorgermi, di cosa?”
“Lo hai detto tu, ragazzo, questo posto non lo hai mai visto, cosa vuol dire? Che non esiste!”
“Lei è pazzo!” Corse verso la porta e provò ad aprirla, ma era bloccata. “Mi sta sequestrando? Chiamo la polizia!”
“Non sono pazzo, Marco, calmati un secondo e rifletti. Pensaci bene, hai davvero schivato il camioncino?”
Marco si bloccò.
“Io…io in realtà non ricordo, è tutto così confuso…e quindi questo cosa vuol dire? Che sono, io sono..”
“Sei stato investito, e io sono qui per farti da guida nel tuo nuovo cammino.”
“Ok, ho capito, è un incubo! In realtà non mi sono ancora svegliato, sono ancora nel mio letto, vero?”
“No ragazzo, vieni, ti faccio vedere”
Detto questo e senza sapere bene come, Marco si ritrovò in strada, di nuovo al sole.
Una piccola folla osservava il lato della strada dove era avvenuto l’incidente. I soccorsi stavano rimuovendo il camioncino. Di fianco, un telo azzurro steso a terra ricopriva qualcosa. Marco capì con rassegnazione che quel qualcosa era lui.
“Vuoi andare a vedere più da vicino?”
“No, grazie. Mi basta così” Cercò lo sguardo dell’uomo, ma accanto a sé trovò solo un’ombra, così come l’aveva vista all’interno del bar.
“Andiamo adesso, oggi il corvo ha cantato per te.”
Il corvo, quell’uccellaccio, era stato lui a svegliarlo quella mattina, se non lo avesse sentito sarebbe ancora a letto, sarebbe ancora vivo.