“Verdone Carlo?” “Presente!” Cari,fottutissimi “Compagni di scuola” (una recensione di Alessandro Di Giuseppe)

Ah, quanti ricordi la scuola, vero? Ve lo ricordate il primo giorno di scuola, quel giorno che vi avevano svegliato presto, la mamma vi aveva lavato, vi eravate vestiti, qualcuno vi aveva infilato un grembiule azzurro, vi avevano posato uno zainetto sulle spalle e, prima di uscire di casa, vi aveva fatto mettere in posa e vi avevano scattato una fotografia? Oppure i ricordi belli, quelli delle prime gite scolastiche, delle prime verifiche andate bene, del primo gruppo di amici con cui uscivate, succhiando Goleador e scambiandovi le carte dei pokemon come se non ci fosse un domani? E le medie? La gita di tre giorni, la prima sbornia, la prima volta che avevate baciato, grazie al gioco della bottiglia, la ragazza carina? Ma vogliamo parlare delle superiori? Delle prime volte che facevate sega a scuola, delle sigarette nel bagno, delle assemblee di istituto con la band che suona? E quando potevate toccare il culo alle ragazze carine nel corridoio senza farvi sgamare? Quelli erano gli anni dei vostri primi, timidi, tentativi di sesso, della gita di una settimana con il primo pompino ricevuto e di quella ragazza, di cui eravate follemente innamorati, che non riuscivate a dimenticare? Ma ci sono anche tutta una serie di ricordi brutti: non aver studiato, i compiti in classe a sorpresa, le amicizie storiche che si disgregano, i litigi con i professori, litigare con i compagni durante l’assemblea di classe e prendere strade diverse. Bene, se leggendo le prime righe di questo articolo vi sono tornati alla mente tutta una serie di ricordi che, non lo so, forse vi hanno fatto anche bagnare gli occhi, non preoccupatevi: non siete delle signorine, siete soltanto delle persone che hanno vissuto, nel bene e nel male, un’esperienza della vita comune a tutti. Perché è vero: tanto o poco, continuando fino al master dell’università o fermandosi in terza media, andando bene o male, avendo tanti amici o pochi, la scuola, con i suoi traumi e le sue cose belle, con le sue lezioni di vita e con le cose che vorremmo cambiare, ci segna e ci forma. E se è vero che le statistiche dicono che, almeno una volta nella vita, un adulto medio ha sognato di ritrovarsi dietro il suo vecchio banco, venendo interrogato senza aver studiato oppure rendendosi conto di essere in mutande, non si può negare che, facendo una stima, di solito rimpiangiamo quei giorni passati a cazzeggiare, senza grossi impegni da rispettare, con la voglia di crescere, la libidine che ci rendeva stupidi, la musica (o la discoteca) come ragione di vita e così pieni di ormoni, da fare sempre giochi di parole a sfondo sessuale (per quanto riguarda i maschietti) e fare finta di essere già grandi e comportarsi da quarantenni acide (per quanto riguarda le femminucce). Ma cosa succede quando, esperienza comune a molti, dopo anni e anni che non vi vedete, dopo aver finito l’università, aver fatto carriera nel mondo del precariato ed essere riusciti a trovare, previa raccomandazione, un’impiego pubblico, incontrate, magari al supermercato, una vostra vecchia compagna del liceo? Imbarazzo? Commozione? E cosa fareste se, dopo qualche minuto che parlate, lei vi proponesse di fare una cena tutti insieme, nella sua vitta fuori città, con tutti gli amici della vostra vecchia classe? Ci andreste o non ci andreste? Beh, Carlo Verdone ha deciso di andarci. Ecco cosa è successo:

locandina

Titolo: Compagni Di Scuola

Anno: 1988

Sceneggiatura: Carlo Verdone, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi

Regia: Carlo Verdone

Cast: Carlo Verdone, Nancy Brilli, Christian De Sica, Angelo Bernabucci, Massimo Ghini, Eleonora Giorgi, Athina Cenci, Natasha Hovey, Maurizio Ferrini, Alessandro Benvenuti, Fabio Traversa, Luigi Petrucci, Piero Natoli, Luisa Maneri, Isa Gallinelli, Giusi Cataldo, Giovanni Vettorazzo, Carmela Vincenti, Silvio Vannucci

 

 

 

 

 

TRAMA:

Dopo aver ricevuto l’invito per partecipare ad una rimpatriata, la vecchia classe di Federica Polidori (Nancy Brilli) si riunisce per una cena nella sua villa fuori città. Le”danze” si aprono alle sei del pomeriggio quando, riuniti tutti gli invitati, si fa l’appello. Apparentemente un momento di gioco innocente e goliardico tra vecchi amici, ormai quasi tutti quarantenni, per “recuperare” un po’ il tempo perduto, in realtà un gioco al massacro in cui ogni ex alunno è chiamato e costretto a mettere alla berlina la sua vita, i suoi fallimenti, la sua vita meschina. E infatti meschino, il destino di questa classe: oltre a pochi membri, tutti gli altri vivono delle vite mediocri, insoddisfacenti, da precariato. La serata continua e le dinamiche tra il gruppo tornano quelle di una classe: il belloccio, il bullo, le migliori amiche che parlano male degli uomini, la coppietta e l’insoddisfatto. Per tutta questa prima parte, il fulcro del gioco sarà Maria Rita Amoroso (Athina Cenci) che, in quanto psichiatra, “subirà” le confessioni del gruppo. Ma quando va via la luce e spariscono quattrocentomila lire, la situazione si surriscalda. Il tutto è aggravato dal fatto che Piero Ruffolo (Carlo Verdone) viene scoperto al telefono con Cristina (Natasha Horvey), la sua amante: una delle sue alunne nel liceo dove insegna. Come finirà la nottata?

Primo film drammatico di Carlo Verdone- dopo i primi cortometraggi sperimentali, aveva fatto soltanto commedie- “Compagni di scuola” ha la struttura di un Kammerspiel film asfittico e soffocante. Girato, praticamente, quasi tutto all’interno della villa, ai più navigati cinefili, non potrà non far tornare alla mente quel capolavoro che è “L’angelo sterminatore” di Luis Buñuel. L’atmosfera è la stessa e, a volte, quasi vorremmo essere al di fuori della storia, vorremmo uscire dalla villa, abbandonare la festa. La sceneggiatura è crudele, grottesca e senza pietà per i protagonisti. Praticamente ci troveremo sempre in bilico tra il compatirli ed odiarli. All’interno della trama, Verdone inserisci tutta una serie di microstorie (la coppia storica, divorziata da pochi anni; la mamma single, il precariato, l’uomo di spettacolo decaduto, il commerciante borgataro, la donna bella e inutile, la psicologa di coppia che è insoddisfatta della sua vita) che porteranno alla luce tutti i vizi e le insoddisfazioni dei protagonisti. In questo film, Verdone ci mostra di aver imparato la lezione di Strindberg e di saper dosare, alla perfezione, tutti gli elementi che gli stanno a cuore: il passaggio da una fase della vita all’altra, i problemi sociali, le dinamiche di un gruppo di persone sconvolte da qualcosa, l’insoddisfazione generazionale, la psicanalisi e la medicina.

acl-44-compagni-di-scuola-carlo-verdone

 

Ed è bellissimo come riesce, anche in un contesto come questo, a parlare di politica. Uno dei vecchi compagni di scuola, infatti, essendo divenuto sottosegretario, viene dipinto come una specie di vero e proprio “Padrino” coppoliano (gli esperti, ma anche i neofiti, troveranno sicuramente la citazione palese al primo film della triologia di Coppola) che può permettersi di tutto… anche di violare una minorenne. Ragazzi, vi ricorda qualcosa? Ed era il 1988. Non so sè.

 

 

Crudeltà e piscanalisi sono, in definitiva, i punti di forza di questo film. E per chi si aspettasse un lieto fine, toglietevelo dalla testa: Verdone, in una battuta detta da Cristina verso il tramontare di quella macabra festa, ci dice tutto: “non voglio essere come voi”. Una favola triste, senza lieto fine, da cui possiamo imparare una grande lezione di vita: siamo soli, sempre lo saremo e non ci sarà mai nessuno, nei momenti di difficoltà, che ci aiuterà veramente.

Allora, vi è piaciuta la rimpatriata? A me sì

Voto: 7

compagni01

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Storiella: Quando Verdone propose la prima sceneggiatura del film al suo produttore, Mario Cecchi Gori, lui gliela scaraventò letteralmente in faccia, dicendogli che era un film che non avrebbe portato nessuno al cinema. Verdone si impuntò. Alla fine, Cecchi Gori gli permise di farlo. I primi giorni di lavorazione, Cecchi Gori si aggirava per gli studi e si lamentava ad alta voce, facendosi sentire da Verdone, sul fatto che avrebbe fatto fiasco come film. Finita la lavorazione, alla fine della proiezione con i produttori, Cecchi Gori si avvicina a Verdone, lo guarda e gli dice “Avevi ragione tu: il film era bello”

La Seconda Storiella: il primo giorno di riprese, Verdone, colto da un attacco di panico, si rinchiuse in bagno, si mise a piangere e chiese l’aiuto, dall’aldilà, di Sergio Leone per fare un buon film.