“Youth” ovvero “L’inutile Bellezza” (di Alessandro Di Giuseppe)

C’era una vecchia battuta che diceva “i film di Hollywood sono tutti belli perché gli americani sanno fare bene i film. Gli italiani, invece, sanno fare bene la pizza”. In questo articolo non ho intenzione di confutare questa battuta, sarebbe una velleità ed uno spreco di parole: conosciamo tutti il neorealismo, l’ottima commedia italiana, l’horror, il poliziottesco, il cinema militante, il western,  il mondo movie, il film d’arte, il film poetico e la sperimentazione videoartistica che mi fa sentire fiero di essere nato in questa parte di mondo e di studiare nella stessa città in cui hanno lavorato Pasolini, Fellini, Flaiano, Mario Bava, Lucio Fulci, Sordi e tutti i giganti del cinema italiano.  E non si parlerà nemmeno di quando i grandi registi italiani decidono di lavorare in america  e fanno del lavoro eccelso, dalla tetralogia americana di Antonioni, a quel gran bel film che è  “La Migliore Offerta” di Tornatore.  No, in questo articolo parlerò d’altro. Parlerò di un cinema che non mi piace. E, visto che abbiamo perso anche già troppe righe e voi avete già letto il titolo dell’articolo, iniziamo a parlare di questa pellicola.

 

Titolo: Youth                                       Regia: Paolo Sorrentino

Sceneggiatura: Paolo Sorrentino       Anno di Produzione: 2015

Cast:  Michael Caine, Harvey Keitel, Jane Fonda

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La vicenda si svolge, praticamente nella sua globalità, in un lussuoso hotel svizzero, nelle sue spa, nel suo ristorante, nel suo grande giardino. Ed è in questa cornice che seguiamo le vicende dei protagonisti:  Fred Ballinger (Michael Caine), ex compositore di musica d’orchestra in pensione, sua figlia  Lena (Rachel Weisz), sua assistente nel lavoro, Mick  Boyle (Harvey Keitel), regista che si è ritirato nell’hotel, insieme ad un gruppo di giovani sceneggiatori, per scrivere il suo ultimo film, il suo testamento artistico e Jimmy Tree (Paul Dano), giovane attore, ricordato soltanto per un film che lui odia, che prepara il suo prossimo personaggio.  Il punto di partenza di tutta la vicenda è la richiesta, inviata dalla regina Elisabetta, di avere Fred che dirige un’orchestra per il compleanno del duca di Edimburgo. Lui rifiuta. Nel frattempo, la sceneggiatura di Mick procede, l’unico problema è il finale. Contemporaneamente, Lena sposata con il figlio di Mick, viene lasciata da lui ed entra in una specie di depressione rabbiosa che sfoga contro suo padre.

Un film che non posso giudicare bene. Ed il mio non è un pregiudizio: io sono uno di quelli che è andato  a guardarlo al cinema, che ci ha speso dei soldi e non l’ha scaricato in full HD un’ora dopo che è uscito in sala. E ci sono andato con la voglia di guardarlo, con la curiosità e l’aspettativa di essere rapito da quel film come ero stato rapito da “This Must Be The Place”. Tutte le mie aspettative si sono distrutte nel giro di quattro minuti, più o meno dopo il primo dialogo. Se la sala,intorno a me, si beava di quei chilometri di carrelli, tanto belli quanto inutili, e rideva, lo giuro rideva, quando un attore sullo schermo diceva una parolaccia, io soffrivo. Soffrivo nel vedere un cast che, da solo, avrebbe potuto fare un buon film. Soffrivo nell’assistere ad un tale sfoggio di tecnica completamente inutile. E le citazioni, oh mio Dio, le citazioni. Mettiamo in chiaro le cose: io adoro e ripeto ADORO quando qualche regista o scrittore o artista cita o omaggia qualcosa che conosco e amo , ma qui si esagera. Se “La Grande Bellezza” era dichiaratamente un omaggio a “La Dolce Vita”, questo è un pastrocchio di citazioni: da “Otto e mezzo” a “Giulietta degli spiriti”, da “Fellini Satyricon” a “Metropolis”, da “Persona” a “Luci D’inverno” a “Sinfonia D’Autunno”.  L’idea generale che si ha, guardando questo film, è che sia una grande marchetta. Ma che dico una marchetta? Un mettersi a novanta gradi, mordendosi un dito per non urlare troppo forte, e farsi penetrare da un sistema di produzione che più capitalista non si può. Un film che deve far sentire gli spettatori dei grandi intellettuali ma che, nella sostanza dei fatti, non dice nulla, nulla. Non è un buon film di finzione, non è un buon film di denuncia, non è un Kammerspiel, non è un melodramma, non è una drammatica storia del rapporto padre-figlia, non è un film sul cinema, non è un film sulla vecchiaia o sulla giovinezza, non è un film sul rimanere uguali mentre gli altri cambiano, non è un film sulla psicanalisi.Sorrentino, a mio parere, dovrebbe prendere una decisione netta: fare il regista di finzione, o sperimentare sull’immagine pura perché, e mi dispiace dirlo, l’unica cosa che “Youth” può essere, è un contenitore di immagini, un pacchetto di inquadrature in vendite per un film di stock footage

 

Voto: 4

 

http:// https://www.youtube.com/watch?v=mHnQNyI2ino