“…Di solito va tutto in vacca. Ma questa volta, beh, questa volta no”. “Io sono Red Baker”: Robert Ward, tra crisi e speranza (di Alessandro Di Giuseppe)

Il mondo dell’editoria, lo abbiamo capito, è fatto di casi.
A volte, questi casi sono dei bei casi e ti fanno venire fuori roba estremamente interessante-pensiamo soltanto a tutta la poesia e la letteratura beat. Altre volte sono casi strani-un esempio tra altri “La Ferocia” di Nicola Lagioia (ne abbiamo parlato qualche tempo fa, in questa sezione qui)-, altre volte sono casi “montati” ad hoc- un esempio tra tutti, “Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire” di Melissa P.
Ma il caso di cui vogliamo parlare oggi, perché di un caso si è trattato, è molto ma molto strano.
Andiamo con ordine.
Nel 1985, un signore, in America, pubblica un libro. Storia banale, direte voi. E invece questo libro va bene. Ma che dico bene: VA BENISSIMO! Vince tutti i premi possibili ed immaginabili, viene distribuito-immagino presentazioni su presentazioni, autografi su autografi, donne su donne-, ma poi, ad un tratto, quasi per caso o senza un apparente motivo, il libro sparisce dalle librerie: non lo stampano più, lo tolgono dal catalogo e non più ordinabile.
Adesso, io sto andando in crisi perché non trovo un’edizione italiana de “E l’asina vide l’angelo” di Nick Cave-che è un libro che, perlomeno in Italia, avranno letto in dodici-, immaginatevi un tipo come Chuck Kinder che magari entra nella sua libreria di fiducia e chiede al suo libraio “Ehi, Buddy (N.d.T.: Buddy, insieme a Kiddo e Pal,sono dei termini che si usano in inglese/americano e che significano tipo “Ehi, fratè!”) che ce sta ‘na copia de quer libro che ha vinto ‘no sbotto de premi quest’anno e che tutti se leggono e dicono che è fico?” e il libraio che dice “Fratè, carcola che ne ho vennuti ‘na cifra ma mo non lo stampano più”.
Ecco, mettendo da parte le cazzate che ho detto-e ringrazio Marco Nutricola e la sue recensioni speed in romanaccio su Facebook per avermi dato l’idea-, questo è quello che è successo a quel libro: grande successo, grosse vendite immediate e poi, di punto in bianco, è sparito dalla circolazione.
Ma un libro, nell’epoca moderna (più o meno da Guttenberg in poi), non finisce subito: ci sono traduzioni, ritraduzioni, riedizioni, edizioni economiche e quant’altro. Quindi, direte voi, almeno nel resto del mondo, questo libro c’era ancora, si trovava ancora.
E invece no.
Per farvi capire il motivo, in Italia non era ancora arrivato-ma noi siamo il paese che fa arrivare i libri due o tre anni dopo e traduciamo i dialoghi dei telefilm riadattandoli al sistema televisivo e politico italiano-, ed era destinato a non arrivare mai.
Fino a quando un signore che si chiama Nicola e sta a Milano decide che ci sono dei libri che devono essere letti, che devono tornare negli scaffali delle librerie e che devono risorgere dalle ceneri. E questo libro è un esempio di questa cosa qua.
Di che libro sto parlando?
Di questo:

Red Baker

 

Titolo: Io sono Red Baker

Titolo Originale: Red Baker

Autore: Robert Ward

Anno Prima Pubblicazione: 1985

Casa Editrice Prima Pubblicazione: Tyrus Booksand

Edizione Italiana: 2014

Casa Editrice Italiana: Barney Edizioni

Traduttore: Nicola Manuppelli

 

 

 

 

TRAMA:

Baltimora, Maryland, 1985. Red Baker è un uomo di quarant’anni che lavora, insieme al suo vecchio amico Dog e a quasi tutti i suoi amici d’infanzia, nell’acciaieria della città. La vita sembra scorrere tranquilla tra amici, sbronze, famiglia, figli e puntatine al Paradise-uno dei tanti nightclub della città-, per vedere ballare Crystal, una spogliarellista, l’amante di Red Baker. Ma un giorno, quasi per caso, la crisi arriva prepotentemente in città: l’acciaieria viene chiusa e tutti i dipendenti vengono mandati a casa. Disoccupazione. Bill, uno dei compagni di lavoro di Red e Dog, scopre, nello stesso giorno viene licenziato, di aspettare il quarto figlio. La situazione è difficile: si deve vivere giorno per giorno, fare la fila per un impiego momentaneo e sottopagato e tenere duro, tenere dentro le proprie frustrazioni ed ammazzarle bevendo. Ma cosa succede quando tutto comincia ad andare in vacca? Cosa succede quando Wanda, la moglie di Red, scopre di Crystal e Bill, che non riusciva più ad avere i soldi per i figli si spara? E se tutti, compresa Crystal, stessero per andarsene da Baltimora? E se Choo Choo, un altro amico d’infanzia di Red, un poliziotto della città, gli proponesse, per sbarcare il lunario, di fare una rapina? Riuscirà Red Baker a sopravvivere, a riprendersi il lavoro e a rimettere insieme la sua famiglia?

 

Libro fluido e duro, “Io sono Red Baker” è un romanzo atipico. Sì, atipico, perché, nonostante si parli di operai che perdono il lavoro e che vedono le proprie vite andare in merda-chissà perché, mentre lo leggevo, pensavo a tutti i miei amici che lavorano in fabbrica e vengono assunti a settimana corta, una volta ogni due mesi-, tutto il romanzo sembra trasudare un ottimismo incolmabile, una visione positiva del mondo che ci porterà al finale-di cui non vi dirò nulla-che, in realtà, è un lieto fine. Certamente non finisce con “e vissero tutti felici e contenti”, ma, usando le parole del libro “non c’è mai stata una storia a lieto fine a Baltimora, ma questa è quanto di più vicino a un lieto fine abbia mai sentito”.

Charles Baxter diceva che il narrativo nasce quando le cose iniziano ad andare male. Questo romanzo, queste 346 pagine, ne sono la dimostrazione: nei cinque anni precedenti alla stesura di questo romanzo, Robert Ward, nel mezzo di un divorzio lungo e duro, si era messo a scrivere un libro che parlasse di quello che stava vivendo. Poi, una notte, mentre quella montagna di carte che era il suo libro incombeva su di lui, gli venne in mente la prima riga di questo libro, si accorse che stava vivendo come il suo protagonista ed iniziò a scrivere. Otto mesi dopo, il romanzo era compiuto.

Ma, storie parallele a parte, “Io sono Red Baker” è uno di quei libri che ti cattura, è una specie di opera/mondo che ci permette di fare una riflessione profonda su quello che stiamo vivendo e su quello che ci circonda. Perché, se nel romanzo il concetto di “andare via”, “scappare dalla città che sta morendo”, sembra essere la soluzione magica per risolvere tutti i problemi che si hanno, Red Baker, che pure sogna di andarsene, rimane e cerca di cambiare la sua storia. E quando uno scrittore, parlando della storia di un personaggio, riesce a parlare di un mondo, beh, ha centrato, ha fatto gol!

Ho letto questo libro in due giorni-l’ho ritirato dalla libreria sabato e ieri notte l’ho finito- e mi sono commosso, ho riso, ho tifato per Red Baker e l’ho odiato quando faceva cazzate, volevo prendermi cura di Dog e ci sono rimasto male per la morte di Bill, per Crystal, per Ace (il figlio di Baker).

C’è qualcosa, in questo libro, che mi ha ricordato il Pasolini di “Mamma Roma”.

E poi, anche se volessimo mettere da parte la politica e il sociale che c’è dietro questo libro, il romanzo scorre che è una meraviglia:l’autore riesce a caratterizzare ogni personaggio ed ogni situazione.

E se avete timore che possano essere dei personaggi usciti da un libro di Irvine Welsh-degli ubriaconi con i paraocchi-, beh, avete sbagliato di grosso. I personaggi che mi sono venuti in mente, durante la lettura, sono i protagonisti di due film: “Il Cacciatore” di Micheal Cimino e “Husbands” di Cassavetes.

Un romanzo bellissimo e vivo ad ogni pagina.

Da leggere assolutamente

Voto: 10!

Nella lista dei cinque o sei libri più belli letti quest’anno